SEO AUDIT: la checklist in 18 passi [Video e Slide]

Quando ci si approccia all’ottimizzazione SEO di un sito web esistente, sono tante le variabili che entrano in gioco: non solo contenuti, ma anche prestazioni del sito e aspetti tecnici relativi agli status code, all’usabilità del sito, al server e molto altro.

Ciascuno di questi elementi, sommato agli altri, contribuisce a migliorare lo stato di salute di un sito lato SEO. Non parliamo solo di ranking, ma anche di scansione e indicizzazione delle pagine.

Ma come individuare le eventuali criticità e le aree su cui intervenire per migliorare l’efficacia di un sito sui motori di ricerca? In questo ci viene in aiuto il SEO Audit.

Che cos’è un SEO Audit e a cosa serve

Un SEO audit è la valutazione di un sito web per ciò che riguarda gli aspetti relativi all’indicizzazione e posizionamento sui motori di ricerca. Di solito assume la forma di un documento, nel quale vengono elencati tutti gli aspetti analizzati e le eventuali criticità rilevate. 

Per realizzare un SEO Audit, possiamo utilizzare:

  • i tool
  • una checklist, che identifica tutte le carenze più comuni 

C’è da dire che, anche se sono molto utili per analizzare in modo rapido un sito, i tool non potranno mai sostituire al 100% il contributo “umano” che solo un tecnico può dare, con la sua esperienza e la sua capacità di identificare problemi che vanno oltre alla mera SEO, ma che interessano anche altri aspetti di un sito come HTML, CSS, JAVASCRIPT, PHP, problematiche legate al codice o al server.

Ne abbiamo parlato anche in un webinar sulla pagina Facebook di Meta Line (in fondo all’articolo link alle slide da scaricare): 

In questo webinar di circa 1 ora abbiamo condiviso una checklist in 18 punti che raccoglie sia gli elementi da analizzare in un SEO Audit, sia consigli sui tool da utilizzare per aiutarci in fase di analisi dei contenuti, dei backlink e degli altri fattori SEO.

Ecco di seguito riportati i diciotto punti della checklist, ciascuno con una breve descrizione e i tool di riferimento:

  1. Architettura
  2. Contenuti
  3. Usability
  4. Tempo di permanenza
  5. Dati strutturati
  6. Sicurezza e spam
  7. Popularity
  8. Crawling e codici di stato
  9. Indicizzazione e robots.txt
  10. Linking interno
  11. Sitemap
  12. Uptime
  13. HTTPS
  14. Competitor, analisi posizioni e backlink
  15. Geolocalizzazione
  16. Condivisione
  17. Rel canonical
  18. Tracking

Come fare un SEO Audit: 18 elementi da considerare

1. Architettura

La strutturazione e l’organizzazione dei contenuti del sito è fondamentale per permettere allo spider di Google di capire come muoversi tra le pagine e identificare i contenuti secondo il grado di importanza che vogliamo dare a essi. Non solo, una corretta architettura delle informazioni permette di distribuire correttamente il juice tra le pagine e facilitare la navigazione dell’utente.

Tool: utilizzando il comando “site:” possiamo rilevare a colpo d’occhio le prime problematiche come, ad esempio, la presenza di page title non ottimizzati o di pagine create dal CMS a nostra insaputa, che vengono indicizzate da Google e che quindi rubano crawl budget e disperdono juice.  

2. Contenuti

I contenuti sono una parte fondamentale di una strategia SEO, nonché uno dei fattori di ranking principali considerati da Google. Creare contenuti ottimizzati lato SEO non significa però solo seguire le best practice relative alla SEO on page come l’inserimento delle parole chiave, la creazione di title e description univoci, ma anche e soprattutto tenere in considerazione il search intent alla base delle ricerche degli utenti. Come abbiamo visto in un altro nostro webinar sull’analisi SEO semantica, è indispensabile che vi sia coerenza del campo semantico in tutti i contenuti interni ed esterni al sito. 

Tool: SEOzoom ci aiuta ad analizzare le prestazioni e il rendimento di tutte le nostre pagine; possiamo analizzare ciascuna pagina in termini di traffico, di keyword posizionate e di qualità del contenuto, anche confrontandola a quelle dei competitor. Grazie alla funzionalità “Analisi Intent Gap” e all’analisi delle SERP possiamo ottenere spunti utili per migliorare il nostro contenuto e trovare nuovi contenuti correlati da realizzare per completare il campo semantico della keyword principale.

3. Usability

ll ruolo dell’interfaccia e dell’esperienza utente è diventato centrale anche per la SEO, soprattutto da quando Google ha introdotto ufficialmente il mobile first indexing, cioè l’indicizzazione con priorità ai contenuti mobile di un sito.

Tool: possiamo testare la usability di un sito con due strumenti, uno dei quali è Google Search Console. Se il nostro sito è già collegato, da dentro GSC possiamo osservare la voce “Usabilità su dispositivi mobili” e vedere eventuali errori sulle nostre pagine per quanto riguarda l’utilizzo da mobile e come correggerli. 

L’altro strumento è il Mobile-Friendly test di Google: inserendo l’url del nostro sito ci dice se è ottimizzato per i dispositivi mobile ed eventuali problemi di caricamento.

4. Tempo di permanenza

Quanto si fermano gli utenti sulla pagina? Più alto sarà il tempo più Google ci terrà in considerazione. Infatti, un maggiore tempo di permanenza viene solitamente percepito come un segnale di interesse da parte dell’utente

Tool: possiamo trovare le informazioni sul tempo di permanenza all’interno di un sito da Google Analytics. Una volta entrati, andiamo sulla tab Comportamento, e da lì selezioniamo Contenuti del Sito e Tutte le Pagine.

5. Dati strutturati

I dati strutturati sono porzioni di codice che vengono inserite nel codice HTML di una pagina e servono a fornire a Google informazioni aggiuntive sul contenuto di quella specifica pagina. Per avere una fonte comune condivisa di dati strutturati, viene utilizzato il vocabolario schema.org

I dati strutturati sono particolarmente importanti per apparire in SERP con i cosiddetti “Rich Snippet”, cioè snippet che, oltre a title, description e url, contengono ulteriori dettagli sul contenuto di quella pagina. Un esempio sono le SERP di ricette, dove i vari risultati possono contenere valutazioni in stelline, tempi di cottura e chilocalorie.

I dati strutturati sono molto utilizzati anche per: recensioni, prodotti di ecommerce, articoli di blog, video ed eventi, nonché essenziali nella SEO local per geolocalizzare i contenuti.

Tool: per testare il corretto inserimento dei microdati possiamo avvalerci del Test dei Risultati Multimediali di Google; inserendo l’url di interesse è possibile ottenere un riscontro sull’idoneità della pagina a produrre risultati multimediali, quindi se e quali tipologie di dati strutturati sono presenti. 

6. Sicurezza e spam

Un’altra delle best practice che non può mancare assolutamente nell’audit di un sito è controllare che non siano presenti pagine sgradite o che il codice non sia stato sporcato a causa di breach.

Tool: possiamo effettuare un primo controllo da Google Search Console, che è attento a identificare virus o altri problemi e ci può indicare eventuali pagine contrassegnate come spam. Anche il comando “site:” può aiutarci a rilevare a colpo d’occhio eventuali problemi al sito. Inserendo il nome del dominio, ci accorgeremo subito se qualcosa non va nel title, nella description o addirittura nelle url che compaiono in SERP.

Oltre alla diagnostica, possiamo lavorare anche sul fronte della prevenzione: se usiamo WordPress, è possibile installare un sistema di sicurezza nel CMS come Wordfence, che aiuta a prevenire eventuali attacchi informatici, sia nella versione gratuita che a pagamento.

7. Popularity

I backlink sono una parte fondamentale di una strategia SEO, per questo oltre a verificare i contenuti interni al sito occorre controllare anche quella che è la presenza di link che puntano a esso in giro per il web. Verificheremo quindi che non ci siano link spam che possono minare il trust del nostro sito o link rotti non più funzionanti.

Tool: per controllare i backlink al sito e la loro qualità possiamo utilizzare la Google Search Console o altri tool a pagamento come Ahrefs e MajesticSEO. I tool a pagamento ci danno una serie di informazioni sui link come la presenza dell’attributo rel follow o no follow, l’autorevolezza del dominio di provenienza, la provenienza del dominio, l’IP e la data di acquisizione.

8. Crawling e codici di stato

Errori nel title, description, nell’alt tag delle immagini e nelle altre tipologie di ottimizzazione SEO di base possono influire negativamente sul crawling da parte di Google e, di conseguenza, sul posizionamento delle nostre pagine. 

Attenzione anche ai codici di stato: le pagine dovrebbero sempre rispondere con codice 200 (ok). Se appaiono invece codici 404 (pagina non trovata), 500 (problema del server) o 301 (pagine rimosse o spostate), significa che ci sono dei problemi con pagine rimosse, spostate o ridirezionate o con il server. 

Tool: lo strumento da utilizzare è Screaming Frog, che ci mostra gli status code delle pagine del nostro sito. In alternativa possiamo utilizzare anche la funzionalità SEO Spider di SEOzoom.

9. Indicizzazione e robots.txt

Controllare quali pagine vengono indicizzate e quali invece abbiamo segnalato al motore di ricerca che non vengano inserite nell’indice.

Tool: sempre col comando “site:”, possiamo vedere se una determinata pagina è presente nell’indice di Google. Nel caso non lo sia, tramite l’apposita funzionalità in Google Search Console, è possibile richiedere una scansione (questa funzionalità torna utile anche nel caso siano state apportate delle modifiche alla pagina e non si voglia aspettare troppo prima che il crawler di Google effettui una nuova scansione).

Allo stesso modo, possiamo utilizzare il Tester dei file robots.txt all’interno di Search Console per verificare se ci sono pagine che sono state bloccate per errore.

10. Linking interno

Sfruttare i link interni al sito web è essenziale per contribuire al posizionamento delle pagine, soprattutto quando non ci sono grosse risorse per la link building esterna a disposizione. Creare una adeguata rete di link tra i contenuti interni favorisce una corretta scansione del sito da parte del crawler e aiuta a distribuire il juice tra tutte le pagine

Tool: con il comando site:nomesito.dominio + keyword” possiamo trovare i contenuti, all’interno del nostro sito, che secondo Google rispondono meglio ad una ricerca per una determinata parola chiave. La prassi condivisa è che il primo risultato in SERP sia quello che Google ritiene il principale per quella parola chiave, pertanto, le pagine seguenti dovrebbero essere collegate a quella prima pagina tramite un link interno per supportare il posizionamento delle pagine. 

11. Sitemap

La sitemap è un file (a volte anche più di uno) che viene dato a Google per indicare quali contenuti devono essere scansionati dallo spider del motore di ricerca e in che ordine. Una sorta di guida del sito che, soprattutto in presenza di siti web molto grandi, ci permette di gestire in maniera ottimale il crawl budget a disposizione, far scansionare le pagine che veramente ci interessano e in tempi utili. 

Tool: la sitemap viene data a Google tramite Google Search Console ed è generata automaticamente tramite plugin di WordPress (YoastSEO o Rank Math). Ricordiamoci comunque di verificare sempre le sitemap e la presenza di pagine che non vogliamo vengano indicizzate. 

12. Uptime

Il sito si posiziona bene, a livello SEO è stato fatto tutto correttamente e non ci sono problemi di crawling, eppure le parole chiave subiscono oscillazioni anche con grandi scarti di posizioni. Qual è il problema? In questi casi, il colpevole può essere identificato lato server, che potrebbe essere sovraccarico al momento del passaggio del bot. 

Tool: per controllare il server possiamo utilizzare tool come Pingdom, che controlla quanto spesso il server va in down e se ci sono rallentamenti, ad esempio in caso di molte visite; questo ci permette di capire se è necessario fare un upgrade del server, apportare delle migliorie in termini di risorse richieste dalle pagine o implementare altre azioni.

13. HTTPS

Ormai uno standard in tutti i siti (o almeno dovrebbe), soprattutto dall’entrata in vigore del GDPR nel 2018, l’HTTPS è il protocollo di sicurezza che permette il trasferimento sicuro di informazioni sul web, quindi particolarmente importante per transazioni e registrazioni.

Tool: con il tool gratuito SSL checker online possiamo controllare se ci sono dei problemi all’interno del nostro sito per quanto riguarda la presenza del protocollo HTTPS nelle pagine. Redirect checker è invece un altro tool che ci permette di verificare che i redirect del sito siano stati fatti correttamente e l’eventuale presenza di contenuti duplicati. 

Confrontare l’attività di link dei competitor è essenziale per trovare spunti, monitorare il mercato e identificare possibili aree scoperte di cui approfittare per trovare un vantaggio competitivo. 

Tool: con la funzionalità Competizione > Dominio Vs. Dominio di SEO Zoom possiamo mettere a confronto il nostro dominio con quello di un competitor, sia per analizzare i backlink che le parole chiave per cui i domini si posizionano.

15. Geolocalizzazione

Fattore particolarmente importante per quanto riguarda siti multilingua e attività su base locale, ne abbiamo parlato in modo approfondito in altri due articoli del blog:

In più, abbiamo anche realizzato un live webinar sulla SEO Local, visibile gratuitamente su YouTube o sulla nostra pagina Facebook:

16. Condivisione

I segnali sociali sono un altro fattore importante per il posizionamento sui motori di ricerca, che contribuiscono a comunicare a Google l’autorevolezza dei nostri contenuti e del nostro sito.

Tool: se vogliamo che i nostri contenuti circolino sul web e vengano condivisi, dobbiamo facilitare la condivisione per l’utente. Possiamo farlo attraverso l’inserimento di pulsanti per la condivisione ben visibili negli articoli – come fatto dal nostro cliente Voglia di Ristrutturare nell’esempio sotto. I segnali sociali non sono solamente utili ai fini del posizionamento, ma sono anche un utile strumento di riprova sociale a favore del brand. 

17. Rel Canonical

Come ci spiega la guida ufficiale di Google per i webmaster, alcune pagine web possono essere raggiunte da più URL. Come comunicare al motore di ricerca qual è l’url principale da indicizzare? Possiamo fare questo attraverso l’attributo rel canonical, che ci permette di assegnare la priorità ad una delle pagine ed evitare così che Google identifichi i nostri contenuti simili come duplicati. 

Il rel canonical ci viene in aiuto anche in caso di url parametrizzate, cioè quegli url che si creano spesso negli ecommerce, dove un prodotto può essere raggiunto da più url ad esempio ordinando i risultati per criteri di prezzo, rilevanza o frequenza di acquisto. Per ovviare al problema, possiamo utilizzare l’attributo no index oppure il rel canonical. 

Tool: per verificare il numero e l’indicizzazione di questi url possiamo utilizzare Screaming Frog

18. Tracking 

Il monitoraggio del ranking delle parole chiave è chiaramente una parte fondamentale in una strategia SEO, è il metro di giudizio per capire se le azioni messe in atto per migliorare il posizionamento stanno funzionando.

Tool: tramite SEOzoom possiamo osservare le nostre parole chiave di progetto e monitorarne i movimenti nelle SERP, le variazioni di posizione e le visite guadagnate.

SEO Audit Checklist: le slide da scaricare

Nelle slide della presentazione del nostro live webinar sulla SEO Audit, abbiamo incluso esempi per ogni voce della checklist e link ai tool da utilizzare per svolgerla correttamente.

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Marco Ronco

Marco è SEO & Digital Marketing Specialist Senior presso Meta Line. Si occupa di concretizzare le attività di ottimizzazione per i motori di ricerca facendo capo alla strategia di Digital Marketing Design.